Come sanificare gli indumenti da lavoro
Parlando di attualità, per proteggersi dal contagio del Covid-19, occorre qualche procedura straordinaria per sanificare il vestiario? Basta un lavaggio in lavatrice?
Qui di seguito cercheremo di rispondere a queste domande, facendo una distinzione necessaria tra quelle uniformi che rientrano nella categoria di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) e quelle che non vi rientrano.
Prima del “come” è importante “cosa”.
“Cosa” si intende per sanificare?
Nell’ambito lavorativo, con sanificazione si fa riferimento all’insieme delle norme richieste dalla legge per l’igienizzazione degli ambienti lavorativi, compresa la strumentazione lavorativa.
In quest’ultima rientrano anche le uniformi, e in Cast Bolzonella ce ne intendiamo di uniformi da lavoro, ormai da diversi anni.
Abbiamo quindi deciso di aprire questa parentesi per chiarire alcuni punti sulla sanificazione degli indumenti da lavoro.
Ad esempio: io lavoratore, sono responsabile della manutenzione delle divise in mio possesso? Se sì, come devo procedere alla loro sanificazione?
Parlando di attualità, per proteggersi dal contagio del Covid-19, occorre qualche procedura straordinaria per sanificare il vestiario? Basta un lavaggio in lavatrice?
Qui di seguito cercheremo di rispondere a queste domande, facendo una distinzione necessaria tra quelle uniformi che rientrano nella categoria di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) e quelle che non vi rientrano.
Introduzione: l’importanza della divisa
“L’abito non fa il monaco”, ma… sicuramente contribuisce alla prima impressione!
Quando navighi su internet, anche tu sarai sicuramente inondato da articoli come “Trova l’outfit perfetto per il primo appuntamento”, “10 regole per essere sempre presentabile”, “I trend della moda estate 2020”, e molti altri, ma non devi dimenticarti un altro ambito in cui ciò che indossi conta: il contesto lavorativo.
La divisa da lavoro non è importante solo a livello di immagine aziendale (e quindi marketing), ma anche a livello di comfort e sicurezza.
DPI o non DPI? Questo è il dilemma
Come precedentemente accennato, l’uniforme da lavoro può essere di due tipologie, svolgere due differenti funzioni:
- dispositivo di protezione individuale (DPI);
- strumento di riconoscimento del brand, atto a comunicare professionalità e coerenza (non DPI).
Riportando l’articolo 40, comma 1 del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626:
“Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.”
A chi è richiesto di indossare DPI quotidianamente (come ad esempio al chirurgo è richiesto di indossare l’apposito camice o al pompiere la tuta ignifuga) il termine “sanificazione” di ambienti, attrezzi e macchinari non è mai stato estraneo.
Per chi indossa uniformi come mero strumento identificativo, invece, il concetto di “sanificazione” è diventato consueto solo dopo l’emergenza Covid-19.
Oltre al pericolo Covid-19, ce ne sono molti altri da cui è importante difendersi.
Per tutte quelle categorie di lavoratori che sono quotidianamente esposte ad inquinanti di natura chimica (come ad esempio polveri o gas), fisica (i rumori dei macchinari di una fabbrica o le vibrazioni percepibili in un cantiere), biologica (virus all’interno di un ospedale o gli animali e derivati animali maneggiati in una macelleria), la sanificazione degli ambienti di lavoro e della strumentazione professionale è essenziale per la salvaguardia del lavoratore. Essenziale, non solo da un punto di vista umano e scientifico, ma anche da un punto di vista legale.
Con l’emergenza Covid-19, tuttavia, anche per molte altre categorie di lavoratori la sanificazione è diventata una quotidianità, richiesta dal buon senso e dalla legge.
Si è diventati avvezzi a terminologie tecniche come DPI e DM (Dispositivi Medici), prima relegate a pochi determinati ambiti.
Quando parliamo di “sanificazione degli indumenti da lavoro”, dobbiamo quindi distinguere due casi diversi, che richiedono attenzioni diverse:
- la sanificazione di DPI
- la sanificazione di uniformi non DPI, dipesa per la maggior parte dall’emergenza Covid
Scendiamo ora nel dettaglio.
La sanificazione di DPI
Cerchiamo di rispondere a delle domande che ci eravamo posti nel paragrafo iniziale.
Il lavoratore è responsabile delle proprie divise classificate DPI?
Risposta breve e concisa: No.
Ti dirò di più: qualora il tuo datore di lavoro delegasse la manutenzione dell’uniforme a te dipendente, può essere soggetto a sanzioni pecuniarie.
Interessante, non credi? Ora vediamo le motivazioni nel dettaglio.
Legalmente, il datore di lavoro è tenuto alla cura della manutenzione delle uniformi, secondo l’articolo 43, comma 4 del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
Il motivo è dato dal fatto che i capi DPI, dopo lavaggio e sanificazione, devono mantenere tutte quelle caratteristiche peculiari che di fatto li rendono DPI. Ad esempio è dimostrato che, nelle lavatrici normali, i giubbotti con parti catarifrangenti si strisciano facilmente, diminuendo quindi la loro capacità riflettente. Alcuni tipi di detersivi poi, potrebbero danneggiare le fibre di determinati tessuti, non rendendoli più consoni alla loro funzione protettiva.
Come poi riportato anche nell’apposito opuscolo del FISE AUIL (Associazione Unitaria Industrie Lavanderia), redatto in collaborazione col Ministero della Salute, “La convalida [del ripristino igienico degli indumenti DPI] deve essere eseguita da un organismo notificato”. Deve quindi seguire determinati requisiti:
- il lavaggio deve ridurre il livello di biocontaminazione entro i limiti previsti dalla norma EN 14065;
- i DPI dopo il lavaggio devono mantenere le loro caratteristiche specifiche che li rendono DPI;
- il mantenimento di requisiti DPI sia controllato secondo specifiche procedure e/o macchinari.
Non è finita qui. Perfino dal punto di vista ambientale, lavare DPI in ambito domestico può essere dannoso. Se il DPI in questione serve a proteggere da sostanze chimiche nocive per l’ambiente e l’uomo (basti pensare ai camici da laboratorio), un lavaggio in una lavatrice domestica rischierebbe di rilasciare tali sostanze nello scolo urbano. Le acque di scarico nel lavaggio industriale invece sono adeguatamente pretrattate. Inoltre, la lavatrice di casa utilizza anche maggiori quantità di acqua ed energia.
Come avviene la sanificazione dell’indumento DPI?
Il ripristino igienico dei DPI segue due fasi, più una di check:
- Lavaggio: deve seguire determinate regole, spesso indicate sull’indumento (ogni indumento ha anche un numero massimo di lavaggi indicati nell’estensione della certificazione CE); se le istruzioni di lavaggio non sono allegate alla certificazione dell’indumento DPI, allora queste dovranno seguire la norma UNI EN 14065:2004 “Tessili trattati in lavanderia – Sistema di controllo della biocontaminazione” per garantire, appunto, un certo livello di decontaminazione microbiologica del capo
- Fissaggio: è la fase di asciugatura (detta anche di essiccatura), importante come quella del lavaggio, se si considera che anche durante l’asciugatura il capo si può rovinare
- Verifica del mantenimento delle caratteristiche tecniche, strumentale (attraverso apparecchiature specifiche) e/o visiva (se le caratteristiche da controllare sono semplici e non necessariamente peculiari dei DPI)
La sanificazione di indumenti non DPI
Tra le domande maggiormente poste al Ministero della Salute sulla contagiosità del nuovo coronavirus, c’è quella riguardante la trasmissibilità del contagio attraverso il vestiario. Ed a pensarci bene, la domanda è più che lecita. È facile che i famosi droplet, veicolo del virus, si depositino sulle superfici nel raggio del parlante, qualora sprovvisto di mascherina.
Il virus Covid-19 si può trasmettere dai capi di abbigliamento?
Non ci sono ancora certezze riguardo la carica virale del Covid-19 sulle superfici, né riguardo la sua capacità di sopravvivenza in ambiente esterno per lunghi periodi. Inoltre, i fattori che influenzano la contagiosità delle particelle virali sono molteplici (ad esempio, la tipologia di materiale della superficie infetta, la carica virale del soggetto infettante, ecc.).
Ne consegue che anche per i capi di abbigliamento (siano essi vestiario quotidiano, o uniformi da lavoro), non ci siano certezze riguardo alla loro capacità di trasmettere il contagio.
In internet si possono trovare teorie differenti su come eliminare ogni traccia di virus da questi indumenti: vapore di ferri da stiro o stiratrici verticali, lampade a raggi ultravioletti e spray con soluzione idroalcolica.
C’è da dire che di questi metodi non si è comprovata l’utilità ed in qualche caso possono danneggiare le caratteristiche del capo (fibre del tessuto o colore).
Sembra quindi che la maniera più efficace per toglierci ogni dubbio di contagio sia semplicemente quella di seguire le norme igieniche anti-covid, e adottare qualche nuova sana abitudine (se già non le si conoscevano):
- mantieni la distanza di sicurezza di un metro parli con qualcuno;
- in spazi chiusi, situazioni di sovraffollamento, o quando parli con qualcuno senza mantenere la distanza di un metro, indossa la mascherina;
- quando rientri a casa non lasciare giacca, soprabito, sciarpa o altro usato lungo la giornata su superfici che tocchi di frequente come divano, letto, tavolo: ogni cosa ha il suo posto!
- lava gli indumenti come indicato sull’etichetta e asciugali bene.
In conclusione: cosa ricordare?
In conclusione: se indossi DPI a lavoro, ricordati che la loro sanificazione non è tua responsabilità. Anzi, se ti viene richiesto di provvedere a questo compito, hai diritto di rivalsa verso il tuo datore di lavoro.
Per l’igienizzazione della tua divisa non DPI, segui le istruzioni riportate sull’etichetta, come faresti per un qualsiasi altro capo di abbigliamento.
Hai altre curiosità sulla sanificazione delle uniformi da lavoro?
Faccelo sapere! Siamo sempre in cerca di nuove idee per il nostro blog!